martedì 16 gennaio 2018

Viaggio al termine della notte

Senza un attimo di respiro: Scrittore maledetto, se te ne freghi, ti trovi di fronte un libro incredibile. Così scrivevo tanti anni or sono su Anobii, un piccolo, breve commento, per celebrare questa lettura.
Oggi, a distanza di tempo, ritorno sul testo e riprendo un dialogo interrotto, riallaccio vecchi spunti e passaggi memorabili.
Chi pensasse che Louis Destouches in arte Céline, scriva alla Gadda, alla Pasolini, in modo naturale, si sbaglierebbe di grosso... è un linguaggio ricercato, pensato, studiato, osservato a lungo e ruminato assai... prima di essere riproposto su carta, è stato oggetto di lunga gestazione.
Prova ne è il suo esempio, oramai memorabile, del bastone immerso in acqua. "Un bastone dritto, immerso in acqua, apparirebbe storto... cosa diversa un bastone, già precedentemente ritorto artificialmente e poi immerso... ad ottenere una distorsione voluta, guidata... questo è il linguaggio dei miei personaggi..." Insomma, siamo di fronte ad un genio... ad un uomo che, divenuto un paria, a causa delle sue scritture antisemite, resta un grande, uno scrittore al pari di Hemingway, irraggiungibile letteratura. Da leggere e rileggere... magari anche in francese.

 "Nell'aprile 1932 il giovane editore parigino Robert Denoel si ritrovò sul tavolo un grosso dattiloscritto di novecento pagine a spazio due, che non portava nemmeno l'indicazione dell'autore.
Cominciò a leggerlo con uno sbalordimento che sconfinava nell'esaltazione.
Telefonò nottetempo al suo segretario, ingiungendogli di trovarsi presto in ufficio l'indomani perché bisognava arrivare ad una decisione rapida.
Si trattò di risalire, con qualche fatica, all'autore.
Era un medico trentacinquenne che abitava dalle parti di Montmartre, in Rue Lepic, e lavorava al dispensario di Clichy, un certo Louis Destouches.
Più tardi, Denoel descrisse quell'incontro: "Mi trovai davanti un uomo straordinario come il suo libro. Parlò per due ore da medico che sapeva tutto della vita, da uomo di estrema lucidità, disperato e freddo, e tuttavia passionale, cinico ma pietoso.
Lo rivedo ancora, nervoso, agitato, occhi azzurri, uno sguardo duro, penetrante, l'aria un po' stralunata.
Aveva soprattutto un gesto che mi colpiva.
La mano destra andava e veniva come per fare piazza pulita, e ad ogni istante disegnava le cose con l'indice....
Il suo modo di esprimersi era sempre forte, immaginoso, allucinato.
L'idea della morte, la propria e quella del mondo, tornava nel suo discorso come un motivo conduttore.
Mi descrisse un umanità affamata di catastrofi, innamorata di massacri.
Il dottor Destouches s'era scelto uno pseudonimo: avrebbe firmato Louis-Ferdinand Céline. Un nome femminile".
Nasceva così Voyage au bout de la nuit, e oggi che il secolo sta finendo tra tragedie e farse d'ogni genere, ci appare sempre più chiaro che questo è il romanzo che l'ha meglio capito e rappresentato che il consapevole delirio Céliniano ne ha saputo cogliere come nessun altro gli aspetti fondamentali: gli orrori della guerra e della retorica patriottarda di quelli che stavano a dirigere il macello nelle retrovie; la ferocia dello sfruttamento coloniale, la solitudine delle metropoli (New York) e gli incubi tayloristici della catena di montaggio (la Ford a Detroit), il degrado urbano e l'abbruttimento operaio nella Parigi delle borgate, l'avvento di una piccola borghesia cinica e faccendiera, quella stessa di cui oggi contempliamo i guasti forse irreversibili nelle imprese di figli e nipoti, al di qua e al di là delle Alpi".

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