sabato 11 novembre 2017

High Rise

Partiamo dalle musiche: fantastiche. Non comprendo se sia il periodo scelto per la narrazione distopica (gli anni '70) a generare questa musica oppure è la musica capace di generare una incredibile psichedelica azione, tale che la narrazione diviene fluida e capace di vita propria.
 
Il contesto: vi è un evidente disegno divino nella narrazione. Il creatore, all'ultimo piano... l'architetto demiurgo, che però ammette i suoi limiti - ad un certo punto ammette "...forse mi è sfuggito qualcosa" - e i suoi accoliti... e poi a scendere sino all'ultimo piano (ma dove finisce il paradiso, dove inizia l'inferno e, vi è davvero un purgatorio?) la rappresentazione delle classi sociali che tendono alla povertà, al limite, al degrado... gli slum verticali... la bidonville verticale... come realmente funziona questo edificio? ... se non con le regole della religione, della coercizione... delle regole non scritte ma evidenti (nei vestiti, nei lavori svolti, nelle auto, nel numero di gravidanze)... E' dai tempi della Parigi di Hausmann che non assistevamo ad un esperimento così gravido di conseguenze, forse l'uso del cemento armato (in pieno stile Le Corbusier) dovrebbe rammentarci che, le dittature, nascondendosi dietro facciate di marmo, vollero stabilire una soglia tra comandante e comandati... e che quindi, la verticalizzazione dei ruoli, delle classi sociali... l'abbandono del Lumpenproletariat al suo destino ma nello stesso edificio e sulla stessa rampa di scale, ha dei rischi non trascurabili...
 
Che dire poi dell'uso delle droghe, del sesso (libero, tra tutti, ove però le donne dettano regole, sinché possono), della parolaccia: tutti elementi utilizzati quali valvole di sfogo ed alternativa alla ribellione, all'anarchia... qui la fanno da padrone... mentre la religione appunto... evaporata... nemmeno citata... se non rammentata con (appunto) il Creatore... il Dio... l'architetto. l'urbanista.
Manca - intorno alle cinque costruzioni, poste a forma di dita di una mano - un segno della natura... alberi, verde, acqua... tutto, viceversa, racchiuso all'ultimo piano, a disposizione del creatore... al resto del creato... ciccia!
 
E veniamo alla trama: Robert Laing, rampante e giovane dottore, va a vivere in un appartamento de "la torre" la prima di una serie di costruzioni che a Londra, occuperanno un nuovo quartiere della finanza... qui conoscere ogni genere di personaggio e ben presto si accorge che la convivenza forzata, sommata alla carenza di corrente elettrica ed alla volontà di far pesare il diverso ruolo sociale, farà scoppiare la rivolta...
Tom Hiddleston... che dovrebbe essere l'interprete principale, finisce per fare un poco la figura del fesso... del pesce furo d'acqua... Luke Evans, viceversa, la fa da padrone... fisicità, smorfie, linguaggio, corpo... tutto di lui buca lo schermo! anche quando viene riempito di botte e buttato tra i rifiuti è in grado di catalizzare l'attenzione... Jeremy Irons, di bianco vestito, nel ruolo del demiurgo, ha sempre il suo fascino... e gli anni non lo hanno (non ancora almeno) completamente sfasciato...
Un film psichedelico, folle, da seguire con attenzione... ma forse, proprio per questo, originale e con qualcosa da dire...
 
 

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