sabato 10 giugno 2017

il sovrano delle ombre

 Di Javier Cercas avevo già letto altri bellissimi romanzi... e li cito uno ad uno: L'impostore, Anatomia di un istante,   Soldati di Salamina. Tutti molto belli, nevvero, tutti da conoscere ed apprezzare.. tutti narranti la Storia, quella con la S maiuscola, passando dalle storie, quelle che ognuno di noi vive quotidianamente.
Devo però, prima di narrar del libro, fare una doverosa premessa... Come ne l'Impostore, metà del libro se ne va in pippe sonore... Javier passa il tempo a palleggiare a centro campo, aspetta il momento per assestare il gol e nel frattempo il pubblico si scogliona (o si addormenta, a seconda di come vogliamo tradurre dallo spagnolo)...
Difatti, se le ugge della volta scorsa erano sullo scrivere un libro che parlasse di un bugiardo, e che quindi in qualche modo avvalorassero l'ego del bugiardo medesimo... questa volta (ci risiamo) metà del libro si riempie di menate sul fatto di parlare di un parente che ha combattuto ed è morto dalla parte sbagliata della barricata...
Noi sappiamo che alla fine Javier il libro lo scriverà, lo abbiamo tra le mani e quindi un poco ci sentiamo superiori al suo scoramento (dai Javier, tanto lo so che poi lo scrivi, tanto lo so che non resisti, lo vedo che stai solo trovando la scusa giusta) peccato che, quando infine la giustificazione per scriverlo arriva, il libro è bello e che finito e noi ne abbiamo due maroni di proporzioni bibliche e ... fatto ancor più grave, ci sentiamo presi doppiamente in giro perché questo giochino de "lo scrivo, non lo scrivo" è lo stesso, uguale identico, idem senza una virgola fuori posto, del precedente romanzo...
Allora dico io, forse pensi che ho la memoria corta, oppure tu sei a corto di idee.. o più semplicemente, se un viaggio è l'atto di viaggiare e non la destinazione, quello che abbiamo tra le mani è il libro e non l'idea che prima o poi l'autore si deciderà a scriverlo... insomma il confine tra la trovata geniale e la sodomia è veramente labile.
Decido quindi, ma solo per bontà d'animo, di dargliela buona e di restare in attesa della prossima fatica, per dare un giudizio definitivo.
Inutile peraltro nascondere che, preferisco lo stile prolisso degli spagnoli a quello asciutto dei tedeschi, e quindi mi godo le quasi trecento pagine di Storia che sono poi la nostra Storia e storia di ognuno di noi... La Guerra di Spagna, il Franchismo, la scelta di schierarsi da una parte, quella sbagliata (ma cosa significa, se la Storia la scrive chi vince?) il fatto di avere tra i propri parenti, un prozio che combatté e morì sotto le bandiere di Franco... quale onta, quale vergogna... oppure no? Come dirimere la questione? Non parlarne? Parlarne facendo dei distinguo? Ad un certo punto Javier, fa dire al suo amico David Treuba (regista di Soldati di Salamina) "Si può essere un giovane nobile e puro e allo stesso tempo, combattere per una causa sbagliata? Si, si può. Perché non siamo onniscienti, perché non sappiamo tutto, e quindi qualcuno ha deciso per noi"... ma allora come lavare l'onta? Come giustificare e giustificarsi? Gli storici questo processo l'hanno già ideato, March Bloch in Apologia della Storia ne dava una chiara descrizione: relativizzare al momento storico dell'evento e non attualizzare al ben pensare dell'odierno sazio mondo occidentale...
Ed infatti Javier così precisa: "E' qui si, che la cosa inizia ad assomigliare ad una tragedia, perché quelli che soffrono la fame hanno ragione a odiare quelli che possono mangiare e quelli che possono mangiare hanno paura di quelli che soffrono la fame. E gli uni e gli altri giungono così ad una conclusione terribile: o loro o noi"... E' solo a pagina 233 (quindi a 60 dalla fine) che l'autore e noi con lui trova il motivo per scrivere il libro sul prozio (che per la cronaca si chiama Manuel Mena ed è stato sottotenente)... qui sta la genialità di Javier, tirare in lungo sui motivi per scrivere perché si è potuto dimostrare (ma per farlo si è dovuto indagare) che non era un esaltato Franchista ma un ragazzo che faceva il suo dovere, solo dalla parte sbagliata....

E allora diventa giustificabile anche la Kalos Thanatos , la bella morte.. quella che i Greci dedicavano agli eroi, Achille prima di tutti... e qui parte il pippotto, che poi da il titolo del romanzo, sull'Achille dell'Iliade (il giovane eroe che muore per la giusta causa e diviene immortale agli occhi dei mortali) a confronto con l'Achille dell'Odissea, quello che Ulisse incontra nel mondo dei morti... "il sovrano delle ombre"... colui che dice "vorrei essere servo di servi ma aver vissuto una lunga vita che sovrano del mondo dei morti e abbandonato alla memoria labile dei vivi"... insomma il concetto finale è presto detto: se morte c'é stata ed a questa non possiamo rimediare, almeno cerchiamo di porre rimedio alla memoria, perché Manuel Mena non sia morto per un malinteso...
Piacevole... con il beneficio del dubbio, sino al prossimo scritto.

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