venerdì 8 luglio 2016

Alpi Ribelli - Enrico Camanni

 
"Dalla leggenda di Guglielmo Tell, un filo sottile lega le terre alte alla tentazione della ribellione.
In oltre settecento anni di storia, le Alpi Libere hanno avuto seguaci autorevoli e interpreti esemplari.
Dagli artigiani eretici che si sacrificarono con Fra Dolcino ai piedi del Monte Rosa, ai partigiani che fermarono i nazifascisti sulle montagne di Cuneo e Belluno, fino ai movimenti contemporanei contro il treno ad alta velocità in Valle di Susa.
Questo libro raccoglie le storie di montanari e dagli alpinisti che seppero disubbidire agli ordini costruendo sulle montagne rifugi di resistenza, avamposti di autonomia e laboratori di innovazione sociale.
Come una risorgiva carsica che emerge dalle profondità del tempo, la montagna si ricorda di essere diversa e fa sentire la sua voce fuori dal coro.
Una vecchia idea, forse un'utopia, che non ha ceduto al consumismo delle pianure e rinasce di tanto in tanto in forme nuove e dirompenti.
In mezzo al conformismo della maggioranza valligiana, si alza il grido di chi rivendica una diversità geografica e culturale, compiacendosi dell'antico vizio montanaro di sentirsi speciali e ospitare i diversi, i ribelli, i resistenti, gli eretici". (tratto dal libro).

 
 
Avevo letto di Enrico Camanni "nuovi mattini il 68 degli alpinisti" e l'avevo trovato poetico ed interessante al tempo stesso. Scritto bene e piacevole quanto basta per farti rinviare l'abbandono del libro ad ogni fine pagina...
Per cui, avutone notizia, mi sono procurato questa nuova fatica "Alpi Ribelli - Storie di montagna, resistenza e utopia" immergendomi con curiosità nella lettura.
Premetto che trattasi di un testo suddiviso in micro - storie che hanno come filo conduttore la resistenza, l'utopia, la ribellione, ma soprattutto la diversità dei montanari.
Popoli che hanno visto negli anni, sottrarre energie, speranze, denari, potere a favore dell'onnivora città, sirena irresistibile. Nel ripercorrere la storia montana degli ultimi secoli, Camanni riesce a farci cogliere il preciso istante in cui la montagna ha perso la sua diversità ed eccellenza a causa delle guerre, dell'industrializzazione, del presunto progresso.
Altro elemento importante è il far comprendere che, una tragedia in pianura è tragedia, in montagna è moltiplicata a causa dell'assenza di strutture, di forze, di infrastrutture e soprattutto di mancanza di forza lavoro.
Da Fra Dolcino, René Desmaison, Gary Hemming, Alexander Langer, Tina Merlin, Reinhold Messner, Gian Piero Motti (eccolo lì), Tita Piaz, Nuto Revelli, Guido Rossa, Attilio Tissi, Franz Thaler, Mary Varale, Giovanna Zangrandi sino a Luca Abbà... ogni capitolo è storia che si apre su altre storie, montagna che nasconde altre montagne (e d'altronde quando vi si sale non è forse così?).
Rapporto conflittuale quello tra la montagna e la pianura. Descritto anche da Pasolini, da quella che lui considerava la devastazione antropologica del Novecento, cioè il traumatico e troppo rapido, infinitamente sottovalutato passaggio dalla società del pane a quella dei consumi.
Unica speranza, restano gli ultimi capitoli, destinati ad uomini ed animali che tentano un ritorno all'Alpe, per restituirle dignità (e così restituendola pure a loro stessi) e nuova linfa. Uomini stanchi della città e dello snaturamento dei rapporti; perché come diceva Alexander Langer, un altro modo è possibile: più lento, più profondo, più dolce.
Leggere per credere.
 

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