lunedì 18 gennaio 2010

Spingendo la notte più in là.

Quando due colpi di pistola uccisero, nel maggio 1972, il commissario Calabresi, vennero profondamente mutati gli eventi pubblici ma anche e soprattutto quelli privati di una donna, che si ritrovò sola a crescere tre figli piccoli, e di quei tre bambini, orfani di un padre che non hanno fatto in tempo a conoscere.
Un evento devastante, una voragine in cui si può sprofondare per sempre.
O da cui invece si può ripartire raccogliendo le poche cose che restano, ricostruendo la propria memoria e la propria identità, ritrovando la voglia di vivere.
"Spingendo la notte più in là".
E' la storia che ci racconta in questo libro, già grande bestseller, il figlio del commissario Calabresi: la storia di una famiglia italiana ferita dal terrorismo.
Una storia fatta di profondo dolore, ma anche di inattesa e spensierata allegria, in cui la voglia di vivere e l'amore per gli altri sono spesso riusciti a vincere l'odio e le divisioni che ancora oggi colpiscono il nostro paese. Una vicenda che appartiene a tutti noi. (tratto dal libro).
 

Letto d'un fiato.
Il terrorismo visto dalla parte delle vittime.
Avevo letto "A mano armata" di Bianconi, "Mara Renato e Io" di Franceschini, avevo visto il film "Buongiorno Notte" di Marco Bellocchio.
E' una stagione che mi appartiene... anche se piccolo, ricordo ancora alla televisione i Tg dell'epoca mentre documentavano i tentativi per liberare Aldo Moro ed i 55 giorni che portarono alla sua morte.
Ricordo ancora il timore dei miei genitori, quando un giorno si tenne nel parchetto vicino a casa nostra un comizio di un candidato per le politiche e di come ci impedirono di uscire di casa abbassando le tapparelle "perché non si sa mai".
Erano brutti periodi. Ogni mattina si leggeva di qualcuno gambizzato.
Questo libro fà giustizia di un uomo (il Commissario Calabresi) e ripercorre quegli anni con un occhio di riguardo per la sua famiglia. Una bellissima famiglia che ha avuto la forza di reagire e sopravvivere a tanta follia.

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