domenica 9 novembre 2008

Autarchia, parola magica?

Se la parola autarchia vi fa subito pensare al caffé di cicoria e al karkadé siete fuori strada.
Se il fai da te economico sperimentato dal fascismo dovesse tornare una delle prime cose che rischierebbe di sparire dalle nostre tavole sarebbe proprio il piatto che siamo portati a credere italiano al cento per cento: la pizza.
Circa metà del grano duro utilizzato dai nostri mulini é di importazione, un quarto dei pelati é made in Cina e anche una buona parte del latte usato dai caseifici arriva dall'estero.
Un esempio simbolo della nostra drammatica insufficienza in materia alimentare.
Eppure, a differenza di petrolio e gas naturale, che tutti sappiamo di non possedere, tanto da interrogarci ciclicamente su come risolvere la dipendenza energetica, lo squilibrio commerciale del settore agricolo é decisamente meno noto.
L'autosufficienza alimentare italiana é un utopia: non ce la facevamo quando avevamo a disposizione venti milioni di ettari da coltivare e consumi molto più parchi, figuriamoci ora che siamo abituati a mangiare meglio e di più, mentre città, industrie e infrastrutture hanno ridotto a tredici milioni di ettari la terra a disposizione. Le ripercussioni le avrebbero la produzione di carne della quale siamo già carenti per il 40% per bovini e per il 30% dei suini senza contare che gli allevamenti hanno bisogno di mais e soia di cui siamo deficitari.
Con l'autarchia, una siccità come quella del 2003 significherebbe la fame.
Del resto Mussolini ha vinto una sola guerra: quella del grano, con aumenti straordinari nella produzione dovuti a massicci investimenti in ricerca scientifica.
Ecco alcuni dati in caso di un ritorno all'autosufficienza: Frumento duro 140% - Frumento tenero 54% - carne bovina 57% - carne suina 66% - carne avicola 116% - uova 112% - latte alimentare 87% - burro 76% - formaggi 90% - pomodori freschi 104% - pomodori trasformati 218% - patate 69% - pesche 137% - pere 111% - mele 196% - agrumi 99%.

Fonte : La Repubblica- 31.10.08 - Valerio Gualerzi

1 commento:

Niente parolacce, né!

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